CDM DOLMEN

Resistenza strutturale al fuoco dei capannoni industriali in c.a.

Approccio prescrittivo e prestazionale secondo il D.M. 3 agosto 2015.

27 Gennaio 2020
resistenza strutturale al fuoco dei capannoni industriali
CDM DOLMEN

L’incendio rappresenta una criticità per la maggior parte dei capannoni industriali in cemento armato, soprattutto se datati e costruiti senza particolari accorgimenti in merito alla resistenza al fuoco. Sebbene la natura isolante del materiale impiegato, il calcestruzzo, renda tali capannoni meno sensibili agli effetti della temperatura rispetto a quelli in acciaio, la presenza di copriferri sottili e la scarsa resistenza meccanica dell’acciaio d’armatura, può rendere gli elementi strutturali vulnerabili al fuoco.

Nei lavori di tesi svolto da Simone Mineo al Politecnico di Torino è stata analizzata la sicurezza strutturale in caso d’incendio secondo il D.M. 3 agosto 2015 [1], divenuto il testo normativo di riferimento per tutte le attività soggette e non normate, in seguito agli aggiornamenti introdotti dal D.M. 12 aprile 2019 [2].

In particolare, la trattazione di un caso applicativo reale ha consentito di confrontare le due soluzioni progettuali previste per l’approccio prescrittivo (soluzione conforme) e per l’approccio prestazionale (soluzione alternativa).

Il caso studio

Il caso studio consiste in un capannone industriale, sito in Piemonte e costruito intorno agli anni ’90, che è parte integrante di un insediamento produttivo appartenente a una ditta privata che opera nel campo della produzione di pennarelli e penne per la scrittura. Tale struttura è destinata principalmente ad attività produttive e di immagazzinamento dei prodotti finiti, i locali a uso servizio e ufficio risultano strutturalmente indipendenti e costituiscono un compartimento antincendio.

Il manufatto selezionato è stato già trattato in termini antincendio ed è stato oggetto di SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività). Le attività presenti nel fabbricato, sono soggette al controllo e verifica da parte del Comando dei VV.F. secondo quanto stabilito dal D.P.R. 1° agosto 2011, n. 151 [3].

La finalità della resistenza al fuoco è quella di garantire la capacità portante delle strutture in condizioni di incendio, nonché la capacità di compartimentazione per un tempo minimo necessario al raggiungimento degli obiettivi di sicurezza di prevenzione incendi.

Secondo il D.M. 03/08/2015 [2] l’edificio avrebbe presentato caratteristiche tali da essere ricondotto al livello di prestazione II (Mantenimento dei requisiti di resistenza al fuoco per un periodo sufficiente all’evacuazione degli occupanti in luogo sicuro all’esterno della costruzione). Tuttavia, tenuto conto dell’esplicita richiesta della committenza di tutelare il manufatto per un periodo di tempo maggiore, almeno prossimo all’intervento dei V.V.F., si è optato per un livello di prestazione III (Mantenimento dei requisiti di resistenza al fuoco per un periodo congruo con la durata dell’incendio).

L’analisi della resistenza al fuoco è stata eseguita per ogni compartimento, nel rispetto delle condizioni del capitolo S.2 del D.M. 03/08/2015. In accordo con la tabella S.2-3 la classe minima è definita, per ciascun compartimento, in funzione del carico di incendio specifico di progetto qf,d, che risulta essere pari a 240 minuti per il Compartimento Magazzino 1+2 e per il Compartimento Magazzino 3+4, mentre risulta essere pari a 30 minuti per il Compartimento Reparto produttivo e per il Compartimento Zona uffici.

Il calcolo con approccio prescrittivo

Il calcolo è stato eseguito con metodo avanzato di 3° livello, basato sulle leggi costitutive non lineari e dipendenti dalla temperatura (§3.2.2.1 dell’EC2), in maniera automatica con l’ausilio del software di calcolo IS Fuoco, prodotto e distribuito da CDM DOLMEN di Torino.

Previa conoscenza della geometria, dei lati esposti, delle caratteristiche termiche e meccaniche, il software analizza l’evoluzione della temperatura all’interno della sezione di verifica e determina il valore di R, tenendo conto della variabilità delle leggi costitutive con la temperatura e del decadimento delle prestazioni meccaniche dei materiali. Il calcolo è stato eseguito per le singole membrature (pilastri, travi e tegoli), in riferimento alla sezione più sollecitata, in quanto, trattandosi di strutture isostatiche, il collasso di una sezione comporta il collasso dell’intero elemento.

Resistenza strutturale al fuoco: modello realizzato con DOLMEN

Figura 3 – Modello strutturale solido del capannone industriale

Il capannone presenta una struttura a un solo piano fuori terra ed è in calcestruzzo armato prefabbricato, non precompresso. I pilastri, di lunghezza 5,20 m (zona sinistra) o 6,10 m (zona rialzata destra), hanno dimensioni considerevoli e sono di sezione rettangolare o ad “I”. Le travi principali sono del tipo a doppia pendenza con sezioni ad “I” o a “T” e presentano lunghezze comprese tra 9,70 e 12,2 m. Il solaio di copertura è realizzato mediante tegoli prefabbricati, aventi larghezza di 2,50 m o 2,05 m. Dall’assenza di intere file di tegoli, si originano le aperture lucernari a soffitto, con funzione aero-illuminante e di evacuazione di fumo e calore in caso di incendio. I pilastri, le travi e i tegoli, sono stati modellati come elementi finiti monodimensionali con il modellatore strutturale 3D di DOLMEN (DW1 CAD 3D Struttura), che ha consentito di determinare le sezioni più sollecitate.

Dai risultati dell’analisi strutturale a caldo, effettuata con IS Fuoco, si evince che gli elementi travi e tegoli dei compartimenti Magazzino 1+2 e Magazzino 3+4, aventi sezioni esili e con copriferri piccoli, non soddisfano le verifiche di resistenza a caldo per la classe minima di resistenza (240 minuti).

Nella tabella sottostante, sono illustrate le possibili soluzioni di intervento, consistenti nella riduzione della classe di resistenza e nell’aggiunta di sistemi di protezione passiva al fuoco (vernice intumescente, intonaco ignifugo, controsoffitti antincendio…).

Tabella 1 – Possibili soluzioni di intervento

Resistenza strutturale al fuoco: le strategie di intervento

Dall’analisi delle cinque proposte di intervento è scaturito che:

  • Proposta 1: è da escludersi, in quando non sono disponibili sul mercato sistemi di protezione passiva in grado di risolvere le verifiche strutturali al fuoco, nell’ambito delle peculiarità del caso studio. Le analisi eseguite sugli elementi travi e tegoli con vernici intumescenti o intonaci ignifughi, hanno sempre portato a esiti negativi, anche utilizzando i massimi spessori di protettivi.
  • Proposta 2: sebbene la riduzione del carico di incendio specifico qf riduca notevolmente la classe di resistenza e comporti un soddisfacimento delle verifiche con l’ausilio di sistemi di protezione passiva, si esclude tale proposta, in quanto ritenuta troppo limitante per le esigenze di stoccaggio.
  • Proposta 3 e 4: le verifiche risultano soddisfatte, a fronte tuttavia di un costo ritenuto eccessivo. Oltre alla spesa del sistema di protezione passiva, è da prevedersi infatti anche quella per i sistemi/impianti.
  • Proposta 5: è risultata la migliore fra tutte, in termini economici e di rispetto delle esigenze.

Gli elementi che non possiedono una sufficiente resistenza intrinseca al fuoco, possono essere protetti con prodotti capaci di limitarne il danneggiamento e rallentarne il riscaldamento. Per risultare efficaci, i protettivi vanno correttamente dimensionati e, a questo proposito, i rapporti di classificazione associano a ciascuno di essi uno spessore equivalente di calcestruzzo, che può essere usato nelle verifiche strutturali.

Il calcolo con approccio prestazionale

In alternativa all’approccio prescrittivo, nell’ambito dell’adeguamento antincendio di un edificio industriale, è possibile ricorrere alle soluzioni alternative mediante l’utilizzo dell’approccio prestazionale: Fire Safety Engineering. Il pregio principale di tale approccio ingegneristico consiste nella determinazione delle reali curve di sollecitazione termica, che risultano generalmente meno gravose delle curve nominali, in quanto ottenute come output di modellazioni d’incendio avanzate, che tengono conto delle reali condizioni ambientali, come il carico di incendio, la ventilazione, la presenza di sistemi o impianti.

Tenuto conto che l’obiettivo della Tesi fosse illustrare il metodo di applicazione dei due approcci in vista di un loro confronto finale, piuttosto che la mera risoluzione di un caso studio con caratteristiche del tutto peculiari, si è optato per analizzare solo il compartimento Magazzino 1+2. Quest’ultimo è stato selezionato in ragione del maggiore carico di incendio specifico qf, oltre che per la presenza di elementi strutturali più critici in termini di verifiche strutturali al fuoco: travi a “T” e tegoli aventi altezza pari a 25 cm.

Gli scenari di incendio rappresentano la schematizzazione degli eventi che possono ragionevolmente verificarsi nell’attività in relazione alle caratteristiche del focolare (innesco dell’incendio), dell’edificio e degli occupanti. Secondo quanto emerge dai documenti reperiti per la struttura in esame, all’interno del compartimento sono stoccati cassoni di materiale plastico (polipropilene) e pedane di materiale finito; si sono, quindi, selezionati gli scenari che presentano il focolare nelle zone a maggior concentrazione di materiale. L’unica misura prevista per ridurre la temperatura all’interno del compartimento e aumentare di conseguenza la possibilità di soddisfare le verifiche di resistenza, è consistita nell’apertura automatica di alcune porzioni di lucernari a soffitto. Non si sono previsti impianti automatici di controllo e spegnimento dell’incendio, né SEFC per lo smaltimento dei prodotti della combustione.

Sono state effettuate delle simulazioni con un software che, in base a leggi di fluidodinamica computazionale, consente di simulare la propagazione dell’incendio. Si sono estratti dal software gli output ottenuti, ossia le curve naturali T-t. In particolare sono state poi utilizzate le curve ottenute per gli elementi strutturali collocati nelle zone limitrofe ai due focolari, selezionando la curva più gravosa per effettuare la verifica sotto incendio con il software IS Fuoco.

Mentre nella curva nominale la temperatura dei gas di combustione, crescendo continuamente nel tempo in modo logaritmico, non presenta la fase finale di decadimento, nella curva naturale, più vicina alla realtà, tale fase esiste a causa dell’esaurimento del combustibile. Questo emerge nella figura seguente (Figura 8) dove la curva UNI 834 è confrontata con le curve naturali ricavate per questo caso di tesi.

Figura 8 – Curva UNI 834 e curve naturali

La Fire Safety Engineering ha consentito di attestare l’idoneità in termini di Resistenza al fuoco delle travi con sezione a T, di riconfermare la verifica dei pilastri rettangolari 45,5 cm x 50 cm e di non prevedere alcuna limitazione per la Committenza, in termini di riduzione del carico specifico d’incendio qf. Infine ha permesso di non prevedere il passaggio al livello di prestazione IV.

Riguardo però agli elementi tegolo le verifiche di resistenza al fuoco con curve naturali non risultano soddisfatte: i copriferri eccessivamente sottili sono risultati un valico insormontabile.

 Figura 9 – Tegolo analisi meccanica con curva naturale – non verificata

Conclusioni

Spesso l’applicazione dell’approccio prescrittivo mette a dura prova il soddisfacimento delle verifiche di resistenza a caldo, portando all’adozione di sistemi di protezione passiva, che perseguono l’obiettivo di adeguamento al fuoco, ma a fronte di un elevato costo di intervento, di tempi di posa non trascurabili e di problematiche connesse alla compatibilità con gli altri elementi architettonici presenti.

Le difficoltà nel soddisfare le verifiche con approccio prescrittivo sono da ricercarsi sia nell’obbligo di utilizzare le curve nominali d’incendio (per esempio la curva UNI 834), spesso eccessivamente gravose, sia nelle elevate classi di resistenza al fuoco richieste negli edifici industriali, classi che rappresentano, peraltro, il riferimento temporale per le verifiche in caso di soluzione conforme. Ad esempio, nel caso del capannone industriale trattato, non solo si è dovuta prevedere l’applicazione di un sistema di protezione passiva, ma è anche risultato necessario attenuare la classe di Resistenza al fuoco.

Sebbene nella relazione di Tesi si siano evidenziati gli aspetti positivi connessi all’approccio prestazionale, è doveroso precisare che, non sempre una modellazione realistica dell’incendio porta all’ottenimento di curve naturali meno gravose e, quindi, al soddisfacimento delle verifiche strutturali (basti pensare ai tegoli di copertura del caso studio trattato).

Tabella 2 – Confronto tra approccio prescrittivo e approccio prestazionale

Resistenza strutturale al fuoco: differenze di approcci

Un altro elemento cruciale della FSE è il mantenimento nel tempo delle condizioni simulate: una variazione sostanziale delle caratteristiche dell’attività, può avere ripercussioni non trascurabili sugli scenari di incendio ipotizzati e quindi sui risultati delle simulazioni eseguite. È compito del Professionista antincendio individuare i parametri di input e renderli noti al Titolare dell’attività, il quale ha la responsabilità di attestarne la veridicità in fase di progettazione e di provvedere al loro mantenimento nel tempo.

Autori

Prof. Alessandro Pasquale Fantilli, Prof. Roberto Vancetti – Politecnico di Torino

Simone Mineo – Tesista del Politecnico di Torino

Ing. Giuseppe Stivala, Ing. Paola Marchiò – CDM DOLMEN Srl

Bibliografia

[1] D.M. 3 agosto 2015 (2015). Approvazione di norme tecniche di prevenzione incendi, ai sensi dell’articolo 15 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139.

[2] D.M. 12 aprile 2019 (2019). Modifiche al decreto 3 agosto 2015, recante l’approvazione di norme tecniche di prevenzione incendi, ai sensi dell’articolo 15 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139.

[3] D.P.R. n.151 (2011). Regolamento recante semplificazione della disciplina dei procedimenti relativi alla prevenzione incendi, a norma dell’articolo 49 comma 4-quater, decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122.

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