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Progettazione

Il primo ponte sospeso d’Italia: il Ponte Sul Garigliano

Gli eventi storici che portarono all’ideazione del ponte sospeso. Parte ultima

12 Luglio 2023
primo ponte sospeso d’Italia
ing. Giuseppe Patraccone

Al variare della lunghezza dei rami di catena dovuti alle variazioni di tensione, il perno inferiore A oscillerà a mo’ di pendolo attorno al perno fisso B. Quindi se a è la distanza tra i perni e b il massimo spostamento orizzontale che può raggiungere il perno A, l’angolo formato dalla risultante delle tensioni con la verticale sarà pari a:

pertanto, attribuendo ad a una lunghezza adeguata, anche nei casi più sfavorevoli, si può far cadere la risultante delle tensioni, ad una piccolissima distanza dalla verticale.

Il meccanismo di Brunel però, non poteva essere applicato così com’era stato concepito dallo stesso ingegnere direttamente nel Ponte sul Garigliano in quanto, i suoi ponti, prevedendo una sola catena, e quindi potevano, senza particolari difficoltà operative, utilizzare un solo pendolo; nel caso del Ponte sul Garigliano invece, essendo previste due file di catene, i pendoli dovevano per forza essere due (uno per ogni fila di catene) e per questo si parla di doppio pendolo).

Dall’immagine che segue:

il ramo superiore di sospensione è collegato al corrispondente di ritenuta e come l’articolazione di collegamento (A) sia sospesa al pendolo ABC libero di ruotare attorno al perno B il quale, a sua volta, è sospeso tramite la traversa C.

Il pendolo superiore è formato da tre maglioni verticali ognuno della larghezza di 0,97 palmi (25,6 cm) e dello spessore di 0,16 palmi (4 cm), mentre la distanza tra i centri dei fori è pari a 1,68 palmi (44 cm) Il pendolo inferiore MHO è completamente indipendente dal primo ed è realizzato esattamente come quello superiore se non per il fatto che è più lungo: la distanza tra i centri dei fori risulta essere pari a 3,06 palmi (80,8 cm). Nei due vuoti che si formano fra i tre maglioni di questo pendolo, passano le quattro maglie del ramo superiore di ritenuta.

Le traverse superiori C e O entrambe del diametro di 0,666 palmi (17,6 cm), poggiano in due scanalature di una grossa piastra circolare in ferro fuso la quale ha uno spessore pari a 2/3 di palmo (17,6 cm) nella parte più doppia, dove poggiano le traverse e di 0,25 palmi (6,6 cm) in corrispondenza dei bordi; il diametro della piastra è di 5,8 palmi (1,53 m). La piastra inoltre è dotata di quattro fori all’interno dei quali passano le barre filettate che ancorano le piastre alle colonne in pietra, strette saldamente da grossi bulloni, in corrispondenza dell’ultima fila di pietre (l-m nel disegno). Dette colonne infatti, sono formate da 11 filari di pietra intagliata, dei quali il primo e il 6° sono costuiti da un unico pezzo mentre tutti gli altri sono divisi in due sezioni. Nel capitello, la fila a-b, è anch’essa costituita da un unico pezzo del diametro di 7,4 palmi (1,95 m) e dello spessore di 2,4 palmi (63 cm), e sulla faccia superiore è stato montato un telaio quadrato in acciaio che tiene unite le quattro barre passanti. Il filare c-d invece è composto da due pezzi e all’interno è stato creato il vuoto nel quale passeranno le catene. L’ultima fila l-m inveceanch’essa costituita di un unico blocco di pietra, avrà, nella parte centrale, il foro che conterrà i pendoli e al di sopra l’alloggiamento per la piastra in ferro fuso.

CONCLUSIONI

Il meccanismo di sospensione così concepito, consente che movimenti dei pendoli siano fluidi e graduali così da non imprimere scosse improvvise nelle colonne.

Per quanto riguarda la resistenza dei vari componenti del sistema, c’è da precisare che essi sono stati sovradimensionati rispetto al necessario: ad esempio i perni superiori dei pendoli che abbiamo detto avere un diamentro di circa 17,5 cm (0,666 palmi) potrebbero resistere ad un carico di ben sette volte maggiore rispetto al carico massimo previsto in progetto; i perni inferiori invece, hanno una rsistenza 8 volte e mezzo il necessario; i “maglioni” che costituiscono i pendoli stessi, in corrispondenza dei fori che, notoriamente sono le aree critiche delle connessioni in acciaio, hanno una resistenza di circa tre volte maggiore rispetto alla massima prevista. Luigi Giura quindi poteva essere assolutamente certo che anche le sollecitazioni più violente dovute al passaggio sull’impalcato delle “vetture” (ricordiamo che per vetture si intendevano i carri trainati da cavalli copresi i convogli militari che trasportavano armi d’artiglieria pesante), non avrebbe arrecato alcun danno agli elementi del meccanismo di sospensione.

Per quanto riguarda invece, la resistenza degli elementi in pietra che formano le colonne, c’è da precisare che fu disposto di utilizzare rigorosamente pierta calcarea perché considerata la più dura e la cui pressione di rottura era stata calcolata  a 600 kg/cm2; anche in questo caso le sollecitazioni massime previste erano di gran lunga inferiori rispetto alla resistenza effettiva del materiale utilizzato: circa 6 volte la resistenza necessaria.

Il Ponte sul Garigliano è considerato un’eccellenza del Regno Borbonico sia dal punto di vista ingegneristico e architettonico, sia dal punto di vista artistico (vedi le colonne in stile egizio e le sfingi) e anche per quanto riguarda lo sviluppo industriale, l’opera ha  rappresentato un’innovazione e un motivo di orgoglio; infatti come detto precedentamente, tutte le parti in ferro del Ponte, furono realizzate in industrie presenti sul territorio del Regno delle due Sicilie.

In seguito alla ristrutturazione, per molti discutibile, avvenuta nel 1998 ad opera dell’ANAS, è stata inserita una grossa trave reticolare al di sotto dell’impalcato alta 120 cm probabilmente con lo scopo di scaricare se non addirittura annullare del tutto, le tensioni a cui erano soggette le catene modificando in questo modo, lo schema strutturale del ponte stesso.

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